Una Specie Musicale

Seminario interattivo, che partendo da un’ancestrale curiosità
cerca di rispondere alla domanda:
“Perchè ci piace la musica?”

Il suono sembra essere una delle peculiarità della vita e tutti gli organismi
più complessi hanno l’orecchio ho un modo per ascoltare.
Pure le piante reagiscono alla musica.
Non facciamo eccezione noi Homo Sapiens,
e bisogna ammettere che la musica ci aggrada non poco.

Ma perchè ci piace?
Perchè abbiamo costruito così tanti strumenti musicali?
Perchè abbiamo inventato innumerevoli modi di suonare, cantare e ballare?

Ogni popolo ha radici culturali che si esprimono in maniera sonora,
e in queste radici è scritto un linguaggio comune e universale che ci porta all’intimo del suono.

Sappiamo che il primo senso che si sviluppa nel feto è l’orecchio.
Il nostro primo assaggio del mondo esterno è, quindi, esclusivamente sonoro.
E’ possibile che l’orecchio sia il nostro “strumento di navigazione”,
quello che più ci aiuta a comprendere la realtà.

Un bambino scopre e esplora le sue sonorità, vocalizzando,
urlando e spernacchiando, imparando a fischiare.
Allo stesso modo ascolta attentamente catalogando le voci, i suoni dei materiali, i giocattoli;
sorride, dopo aver agitato un sonaglio.
Noi tutti reagiamo quando produciamo e sentiamo un suono
e questa reazione è innata: dal picchiettare con un piede fino a una danza sfrenata, all’applauso.

Una voce ricca di intonazione melodica, di enfasi e di sfumature
ha un grande potere attrattivo per il bambino, e non solo:
tranquillizza, calma, rassicura.
Queste caratteristiche prettamente musicali si delineano chiaramente nel “Maternese”,
una modalità comunicativa che le mamme adottano nei confronti dei loro bambini.
Molti aspetti del comportamento umano sono regolati da una sorta di musicalità
che permette di anticipare o regolare il comportamento dell’altro;
l’elemento ritmico per esempio consente la relazione in sintonia coi movimenti dell’altro,
o l’alternarsi della parola durante una discussione.
Al contempo, gli aspetti melodici e timbrici ci permettono di identificare
gli stati d’animo e le intenzioni dei nostri simili.
Ritmo e melodia legano due o più esseri umani in un’attività motoria e sensoriale
che implica condivisione emotiva ed esperienza sociale.

Se ci fermiamo a riflettere sulla condizione umana ci verrebbe spontaneo
affermare che l’agricoltura o l’allevamento
siano pratiche che hanno fatto avanzare l’evoluzione culturale e tecnologica della nostra specie,
e sappiamo sono state regolarmente messe in pratica da circa 10.000 anni.
La scrittura propriamente detta ha iniziato a comparire invece soltanto circa 5.000 anni fa.

Il flauto più antico che è stato trovato, al contrario, ha 43.000 anni.
Ci sarebbe quindi uno scarto di 33.000 anni tra il flauto e l’agricoltura.
Questo non può che aprire nuove considerazioni su ciò che noi siamo e a sulle propensioni di Homo Sapiens.
Insomma, sembrerebbe che suonare il flauto sia un’esigenza più impellente e vitale che coltivare.

Secondo una visione più utilitaristica della paleoantropologia,
che ha dominato le pubblicazioni scientifiche per lungo tempo,
suonare e danzare potrebbe sembrare non essere così importante per la sopravvivenza.
Evidentemente però abbiamo un’idea di cosa siamo stati (e di cosa siamo)
molto legata a una sorta di fame materiale e consumista,
che in realtà appartiene ed è figlia della modernità.

Mettendo da parte questo bias ci accorgiamo di essere però
un’animale culturale dotato di sensibilità “artistica”,
e che abbiamo bisogno di esprimerci suonando e cantando
tanto come abbiamo bisogno di bere e di mangiare.

Il suono è uno dei giochi più antichi ed interessanti.
L’uomo fin dall’inizio dei tempi lo esplora per stuzzicare la sua fantasia:
percuotendo, pizzicando, soffiando ciò che lo circonda per sentirne la voce.
Tra i primi manufatti dell’uomo vi sono strumenti musicali.
A pensarci bene ogni oggetto è sonoro, può essere percosso o usato per percuotere,
ed è anche questa proprietà che ci insegna a riconoscere la natura della materia.
Abbiamo molto chiaro, nella nostra testa, i rumori della pietra, del legno, dell’osso, del metallo,
dell’acqua e del fuoco, del vento e dei tuoni.

Le nostre azioni più semplici e naturali sono sonore:
scuotere, sfregare, percuotere, grattare, pizzicare;
ma anche soffiare e spernacchiare dentro un oggetto cavo.
Sono quelle che noi usiamo per conoscere, per assaggiare il mondo che ci circonda.
Basta osservare il comportamento di un bambino piccolo per trovarne conferma.
E noi come specie abbiamo la capacità, la dote innata di giocarci di farlo diventare strumento musicale.

Le nostre azioni più semplici e naturali sono sonore:
scuotere, sfregare, percuotere, grattare, pizzicare;
ma anche soffiare e spernacchiare dentro un oggetto cavo.
Sono quelle che noi usiamo per conoscere, per assaggiare il mondo che ci circonda.
Basta osservare il comportamento di un bambino piccolo per trovarne conferma.
E noi come specie abbiamo la capacità, la dote innata di giocarci di farlo diventare strumento musicale.



Un uomo primitivo trova un legno cavo, una conchiglia, una canna, una zucca.
Subito incuriosito, la porta alla bocca, al naso e agli occhi.
Finirà per provare la sua voce, per esempio urlandoci dentro:
la voce verrà amplificata all’interno delle cavità di questi oggetti
che diventeranno così i primi risuonatori.
Provando a soffiarci arriverà a produrre un fischio dentro una canna o un osso,
che diventerà il primo flauto.

L’esplorazione sonora è dunque quella naturale capacità che utilizziamo per conoscere un oggetto.

Nessuno strumento antico venne “inventato”, secondo la comune accezione del termine
che vale come realizzazione compiuta di un’idea, che genera un progetto,
a lungo ponderato e perfezionato con l’esperimento.

 La presupposizione d’un siffatto processo,
condurrebbe soltanto a ricalcare il frequente errore di attribuire
attitudini e procedimenti logici e tecnologici moderni all’uomo primitivo.
Il quale si può presumere fosse allora del tutto inconsapevole,
quando batteva i piedi  sul terreno o colpiva in qualche maniera il suo corpo con le mani,
che in quelle azioni si occultassero i germi che avrebbero condotto
alla nascita di strumenti musicali di chimerica complessità.

Per arrischiare una risposta al quesito sui primi strumenti apparsi sopra la scena della storia umana,
è condizione necessaria la previa soluzione d’un problema al proposito fondamentale,
ossia quali siano nell’uomo gli impulsi determinanti per la ricerca degli strumenti musicali.

Tutte le creature superiori esprimono emozioni e sentimenti col movimento, con gesti.
Homo Sapiens risulta però estremamente competente in questo tipo di attività.
Quando abbia sperimentato lo stimolo e la soddisfazione che al ritmo conseguono,
e così acquistata la consapevolezza del fenomeno ritmico/tonale,
allora non si saprà più trattenere dal muoversi e battere i piedi ritmicamente,
dal danzare, dal battere le mani, dal prendere parte all’evento in questione.

La maggior parte dei moti dell’animo, degli impulsi emozionali,
si esternano in maniera udibile.

Di conseguenza è probabile che i primi uomini battessero i piedi ritmicamente
e si percuotessero con le mani aperte già molto tempo prima d’acquistar
coscienza del suono organizzato come fenomeno culturalmente autonomo:
perciò ancor più lungo dev’essere stato il processo col quale essi giunsero, infine,
a eseguire intenzionalmente quei gesti per ottenere degli
effetti ritmici e armonici e di conseguenza un accresciuto stimolo.


Da quei semplici gesti, essi seppero trarre effetti diversi:
colpi soffocati con il cavo delle mani, schiocchi secchi e chiari con le palme aperte,
percussione del suolo con la punta del piede o con il tallone
e percussioni del proprio corpo in punti molli e carnosi o invece,
e con dissimile suono, in parti più rigide e dure.
Tutte queste sfumature contribuirono alla nascita di una musica prestrumentale.

Curt Sachs – “Storia degli Strumenti Musicali”


Darwin ci suggerisce l’idea che nel corteggiamento le capacità musicali sono fondamentali.
Come il pavone sviluppa la sua coda, l’umanità svilupperà la sua musicalità,
il canto, la danza e forse anche l’abilità nel suonare oggetti sonori e strumenti musicali.
Come conseguenza di ciò e di quanto sopra si può dire che noi siamo una specie musicale.

A proposito di selezione sessuale, vedremo che l’uomo primitivo,
o piuttosto un qualche antico progenitore dell’uomo,
probabilmente ha usato per la prima volta la sua voce
per produrre vere e proprie cadenze musicali, cioè per cantare, come fanno oggi i gibboni.
E potremo concludere, utilizzando un’analogia largamente diffusa,
che questa capacità sia stata utilizzata sopratutto durante il corteggiamento,
esprimendo diverse emozioni come l’amore, la gelosia, la vittoria,
e che sia servita per sfidare i rivali.
E’ quindi probabile che l’imitazione delle grida musicali
con suoni articolati abbia dato origine a parole capaci di esprimere varie emozioni complesse.”
-Charle Darwin, descendent of man, and selexion in relation to sex-

Charle Darwin – Descent of Man, and Selection in Relation to Sex

Come si svolge il Seminario

Verranno introdotti circa 100 oggetti sonori (semi, conchiglie, ossa, zucche, pietre sonore ecc.) e strumenti musicali dalle più disparate tradizioni musicali dei cinque continenti.
Ogni strumento avrà un suo momento musicale e ne verrà spiegata provenienza, storia e i suoi particolari timbri facendo accenno alle tecniche di costruzione e di utilizzo.
Ci saranno momenti di musica d’insieme dove i partecipanti potranno conoscere e sperimentare il canto, il ritmo e l’ascolto attivo.
Il seminario è adatto a un pubblico di tutte le età.

Per organizzare il seminario, contattaci.